L'intervento di ASPIC EMERGENZA in Abruzzo

Data di inizio dell’intervento dell’equipe psicosociale ASPIC: 11 aprile 2009
Località: Arischia (AQ) e Tortoreto (TE)
Popolazione: ca 250 (Arischia); 1700 dislocate in 17 alberghi (Tortoreto)
Disponibilità raccolte tra i professionisti ASPIC: 110 tra psicologi e psicoterapeuti – 90 counselor
Volontari impiegati: 73
 

Intervento nella prima fase.

  • Obiettivo: contenimento delle reazioni psichiche manifestate dalla popolazione, con l’intento di normalizzare le stesse di fronte all’evento catastrofico.
  • Attività: colloqui individuali: 200; schede triage: 70; gruppi strutturati: 50; laboratori: 30, colloqui informali: centinaia di colloqui con vittime, soccorritori, volontari, albergatori.

Intervento nella seconda fase.

  • Obiettivi: offrire supporto e contenimento psicologico a vittime e soccorritori; monitoraggio costante dei bisogni; coinvolgere la popolazione nelle attività del campo e degli alberghi; realizzare una comunicazione efficace; contenimento delle reazioni psichiche.
  • Attività: colloqui individuali; gruppi strutturati; colloqui informali; organizzazione delle attività, gestione dei conflitti.

Intervento nella terza fase.

  • Obiettivi: Potenziare le risorse del territorio, sostenendo la popolazione nel ritorno alla normalità. Per farlo siamo certi che realizzare un intervento di comunità che promuova l’empowerment individuale e collettivo e rafforzi il supporto sociale sia l’unica strada percorribile.
  • Attività: Analisi della comunità secondo la metodologia dei Profili di Comunità.

Ruoli e referenti

Claudia Montanari: responsabile del coordinamento dell’intervento dell’ASPIC. Luigi De Luca: esperto in psicologia dell’emergenza e psicotraumatologia. Florinda Barbuto: coordinatrice dell’intervento. Lucia Masiello: presidente dell’ASPIC L’Aquila, referente degli interventi rivolti alla sede de L’Aquila. Patrizia Di Berardino: presidente dell’ASPIC Teramo, referente dell’intervento a Tortoreto. Raffaello Caiano: presidente dell’ASPIC Pescara, referente dell’intervento ad Arischia. Federica Angelone: Socio fondatore dell’ASPIC Pescara, referente dell’intervento ad Arischia. Tiziana Rante: coordinatrice dei volontari a Tortoreto. Andrea Giammaria, Cristiana Bruè, Maria Giulia Mercuri: coordinatori dei volontari ad Arischia. Berardino Beccia: Vigile del Fuoco, abitante di Arischia e nostro referente per le attività al campo. Paola Curcio, Carla Iorio, Cinzia Raparelli: referenti del centro di ascolto presso il campo di Arischia

I volontari

Albano Marialuisa, Aloisio Gloriana, Amorese Simona, Amura Serena, Angelone Federica, Arcangeletti Marusca, Balzani Andrea, Barbuto Florinda, Brevetti Virginia, Bruè Cristiana, Caiano Raffaello, Cantera Alice, Caporale Alessandra, Carlomagno Nicla, Chiacchio Antonello, Cittadini Elisa, Cordier Marianne, Cozzi Fabiana, Cremonese Marta, Curcio Paola, D'Ambrosio Alfonsina, D'Amore Costa Gabriella, De Santis Simona, Di Berardino Patrizia, Di Carlo Silvia, Di Nardo Gilda, Di Renzo Daniela, Falciatore Roberto, Ferrara Gelsomina, Giammaria Andrea, Giannini Leonarda, Giardina Sabrina, Grilli Emanuele, Iorio Carla, Lezzi Elvira, Lippi Romeo, Loi Silvia, Longino Melissa, Loreti Albertina, Lupone Alessandra, Maggio Grazia, Manzini Mara, Manzini Mara, Mariani Ornella, Mercuri Maria Giulia, Milani Cristina, Militello Anna, Monastra Catia, Morrone Magda, Morucci Federica, Nicotra Gabriella, Nocentini Silvia, Pasquinelli Luigi, Petrilli Monica, Polidori Paola, Porrino Mariacarmela, Porrino Monica, Presutti Antonella, Rante Tiziana, Raparelli Cinzia, Ricci Guido, Rinaldi Lucia, Ritacco Antonella, Ronchetti Elena, Rosa Sabrina, Rubertelli Riccardo, Sorgi Ombretta, Soriani Stefano, Tanini Valentina, Terracina Fabio, Tilli Sara, Vallani Paola, Varsi Ambra Erika, Zabotto Alessandro.

Testimonianze

Tratte da Arischia, per non dimenticare. Ed. Scientifiche ASPIC, 2009.

Nel campo, hanno lavorato ragazzi speciali, ognuno per la sua mansione, sin dai primi giorni, la nostra popolazione è stata assistita dagli psicologi dell’ASPIC, il loro è stato un arduo lavoro, che si è protratto sino quasi alla chiusura del campo, con riunioni, singoli approcci hanno cercato di far esternare la situazione di disagio e sconforto che opprimeva tante persone, con loro in molti si son sentiti sicuri, liberi di poter cacciar via il mostro.
Il loro è stato un lavoro meticoloso, ha dato frutti e so che in futuro ne darà di migliori, se sapremo mettere in pratica le bellissime chiacchierate fatto con i ragazzi.

Ragazzi che riportano la loro esperienza. ASPIC - Equipe Psicosociale in Emergenza

Dall’11 Aprile siamo presenti presso la tendopoli di Arischia coordinando un gruppo di psicologi e counselor volontari e coordinandoci con l’Ordine degli Psicologi dell’Abruzzo, la Protezione Civile, le istituzioni locali (Comune, ASL, forze dell’ordine locali), enti assistenzialistici (Croce Rossa, Caritas), associazioni culturali e sportive. Siamo scesi in campo sin dal primo momento, rispondendo ad una richiesta della popolazione con la quale sin dall’inizio abbiamo collaborato a stretto contatto. Abbiamo notato la forza, la tenacia, la resilienza della gente di Arischia che ringraziamo davvero di cuore per l’accoglienza e la collaborazione che ci ha offerto, permettendoci di portare avanti il nostro lavoro anche con tutte le difficoltà.

È anche pensando a loro che ci impegniamo nella formazione nel counseling in emergenza e nella promozione della cultura della prevenzione e della gestione della crisi, perché sentiamo la necessità che questa cultura venga diffusa per tutto il territorio nazionale. Portiamo avanti il nostro impegno certi che un giorno riusciremo a vedere pienamente riconosciute le  gure dello psicologo e del counselor nel primo soccorso nelle situazioni di crisi e d’emergenza. La tempestività del “soccorso psicologico” deve essere pari a quella del “soccorso materiale”, perché si possano sostenere adeguatamente le persone coinvolte nella crisi.

Le tappe del nostro intervento ad Arischia

L’11 Aprile in 5 professionisti (psicologi) ci siamo recati nella tendopoli di Arischiasu richiesta di un Vigile del Fuoco del posto.

In una prima fase, della durata di circa quattro giorni, abbiamo effettuato interventi diretti al contenimento delle reazioni psichiche manifestate dalla popolazione, con l’intento di normalizzare le stesse di fronte all’evento catastro co che ha colpito la zona de L’Aquila. Si è lavorato in questo senso tramite: colloqui individuali, gruppi di ascolto e attività informativa. In parallelo a questa attività di gestione della crisi, abbiamo prestato un’attenzione particolare al coinvolgimento della popolazione, nonché alla promozione della comunità, ricevendo un importante feedback dalle persone del posto, che ci hanno comunicato quanto l’essere attivi aiuti a combattere il vissuto di impotenza e la frustrazione conseguente all’inattività. Nella seconda fase, dal 30 aprile, in collaborazione con i colleghi del coordinamento e con tutti i volontari che sono giunti da ogni parte d’Italia, abbiamo effettuato un’analisi dei bisogni, per indirizzare gli interventi futuri verso le reali necessità della popolazione, nell’ottica di facilitare un passaggio graduale della gestione della tendopoli alla comunità del posto. Abbiamo attivato un centro di ascolto interno al campo presso una tenda messa a disposizione dalla protezione civile, abbiamo fornito supporto alle insegnanti della scuola materna e della scuola elementare. Nella terza fase abbiamo accompagnato la popolazione nella fase di ritorno alla “normalità”, sostenendo il reinserimento occupazionale di chi ha perso lavoro, promuovendo incontri (individuali e di gruppo)  nalizzati all’elabora- zione dell’evento traumatico, stimolando la persone non più ad “impegnare” il tempo, ma ad “investirlo” per tornare ad una nuova vita. Nella quarta fase abbiamo proposto a tutta la popolazione di Arischia di svolgere insieme una ricerca-intervento sulle ri- sorse e le prospettive di sviluppo della Comunità. Per guardare al futuro portando con sé nuove conquiste e non solo macerie.
Ed ora siamo  eri di aver passato le consegne ai nostri colleghi dell’ASPIC L’Aquila perché vogliamo che L’Aquila ed Arischia tornino a volare.

Le testimonianze dei volontari

La potenza della narrazione. Uno strumento che noi psicologi e counselor utilizziamo molto. Strumento d’eccellenza per la gestione degli eventi traumatici. Ci consente di entrare in contatto con i nostri pensieri, le emozioni, le reazioni, “normali di fronte ad un evento anormale”, come ama recitare la psicologia dell’emergenza.
E di certo la narrazione – nello scrivere queste righe – consente anche a noi di vivere un momento di ri essione, per rivivere, ripensare e metabolizzare gli ultimi 177 giorni della nostra vita.
Giorni che noi dell’ASPIC abbiamo vissuto con la mente, spesso  sicamente, e sempre con il cuore tra le persone di Arischia e molti altre delle vittime del terremoto dello scorso 6 aprile.
Sono stati giorni intensi, frenetici, molto spesso caotici e, senza dubbio, molto impegnativi. Le dif coltà del lavoro in emergenza sono infatti, per sua stessa natura, moltissime. Dalle problematiche connesse alla comunicazione, l’alto turn over degli operatori, la necessità di lavorare con equipe e in una rete non sempre già rodate ma che creano giorno dopo giorno, momento dopo momento, un nuovo linguaggio e nuove metodiche condivise.
Quando qualcuno ci riferisce che il nostro lavoro è stato apprezzato, che “abbiamo lavorato bene”, mi sento sempre in dovere di puntualizzare due cose.
La prima è che tutto questo lavoro non sarebbe stato possibile se non ci fosse stato il supporto di tutti i volontari che, provenienti da ogni regione d’Italia, hanno dedicato il proprio tempo al nostro intervento. Ė grazie a loro che siamo potuti essere presenti sempre, nei giorni lavorativi come in quelli festivi, nelle festività pasquali, in estate, a ferragosto. I nostri volontari hanno portato con sé i loro zaini, svuotati di tutte le cose super ue (e forse questo terremoto ha aiutato un po’ tutti noi a distinguere queste dalle cose veramente essenziali!), e carichi della loro professionalità e umani- tà, mettendosi in gioco, accettando il rischio e la s da di quella che per molti è stata la prima esperienza in condizioni così drammatiche e dif coltose, lontane anni luce dalla comodità dello studio o della scrivania cui psicologi e counselor sono solitamente abituati. La seconda cosa che mi preme sempre sottolineare è l’accoglienza e la collaborazione che abbiamo ricevuto dalla “gente del posto” e dai colleghi aquilani. Una cosa che mi sono sentita spesso dire da queste persone è che gli abruzzesi “sono chiusi, non sono abituati a chiedere aiuto, sono orgogliosi e talora un po’ «orsi»”. Ma se è questo è vero, è vero anche che in tutte le persone che ho incontrato ho trovato l’“umiltà” del chiedere e ricevere aiuto, la disponibilità ad accogliere e ad aprirsi al “forestiero” facendolo “sentire a casa”, una casa non fatta di fragili mattoni che non san- no nulla di criteri antisismici, bensì di persone con le braccia forti e un cuore grande.
Negli occhi, talora impauriti, spesso confusi, molto spesso arrabbiati, ho scoperto inoltre la vera “resilienza”. Questo astratto concetto che i manuali di psicologia defniscono come “la capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato”, si è concretizzato nelle braccia delle mamme che nelle sere più fredde hanno saputo dare calore ai loro bimbi – spesso poco più che neonati, nelle forti spalle dei papà che hanno saputo dar loro sicurezza, nei sogni delle giovani coppie che hanno avuto il coraggio di concepire una nuova vita proprio laddove questa sembrava non dare più speranza per il futuro, nella tenacia degli studenti che hanno raggiunto il traguardo della laurea discutendo la propria tesi sotto una tenda. E ancora, nei capelli bianchi di tutti gli anziani che hanno salvaguardato la propria storia e quella del proprio paese quando la terra, che per una manciata di minuti si è trasformata nella più acerrima nemica dell’uomo, ha portato via tutto il loro passato; nella  erezza di tutti gli adulti che hanno saputo rimettersi in gioco dopo aver visto spazzati via anni di sacri ci, mutui investiti in case crollate, lavori ormai perduti; nello sguardo gioioso di tutti i bambini e i ragazzi che, anche se costretti a crescere più velocemente del previsto, continuano a sognare il loro destino, in una realtà quasi parallela, dove con il terremoto si può anche giocare.

Grazie di cuore a tutte queste persone che hanno fatto ricorso a tutte le proprie risorse per aiutarsi e aiutare i propri “compagni di branda”.
È proprio per questo che, sin dal primo momento, abbiamo cercato di coinvolgere gli stessi aquilani nel nostro intervento. Essere “terremotati”, infatti, non può e non deve cancellare tutto ciò che la persona continua ad essere, uomo, donna, genito- re,  glio, amico, studente, professionista, ... Nessuna scossa può annullare in una persona tutte queste cose. Al contrario. Questa esperienza ha consentito a tutti di tirar fuori il meglio di sé, ha avvicinato amici e colleghi, creando nuove realtà, nuove collaborazioni, nuovi ricordi. L’obiettivo del nostro intervento? Come più volte detto, vorremmo che ciascuno possa tornare nella propria vecchia o nuova casa, non solo con il ricordo di mattoni andati in frantumi, ma con nuove ricchezze che, con dignità e  erezza, ha saputo conquistare e costruire in questi duri giorni.
Ovviamente non è stato e non sarà tutto semplice. Non sono mancate e non mancheranno innumerevoli dif coltà, talora scontri e incomprensioni... ma che posso farci... sono nata ottimista! Grazie, grazie di cuore a tutte le persone che ho incontrato in questa esperienza. Grazie a ciascuno di voi per quello che siete.

Scarica il pdf con le testimonianze dei volontari.

Pubblicato il 10/01/2009 alle ore 14:48

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