Il tema della violenza sulle donne, in particolare di quella di natura sessuale, è stato recentemente al centro di numerosi fatti di cronaca, che hanno attirato l’interesse dei media e delle istituzioni.
L’abuso sessuale è tradizionalmente visto come un crimine maschile, sia che sia rivolto agli adulti che ai bambini. In effetti, negli Stati Uniti, nel 1990, si calcolava che il 95% di crimini sessuali fosse commesso da uomini (Finkelhor, Hotaling, Lewis, & Smith, 1990). Eppure, dagli anni Ottanta, si è cominciato a studiare il fenomeno d’abuso sessuale anche da parte delle donne (Hislop, 2001).
Non sono molti gli studi che hanno indagato le caratteristiche delle donne che abusano sessualmente. Susan Strickland (2008), in un recente articolo, spiega questo fenomeno in termini socio-culturali. L’autrice afferma che il processo di socializzazione delle donne differisce da quello degli uomini. Per le prime viene socialmente enfatizzato l’attaccamento, l’affiliazione ed il prendersi cura (Gilligan, 1982), mentre per i secondi sono rinforzati l’aggressività e l’autonomia (Hyde & DeLamater, 2000). Per questo motivo, ci viene più facile immaginare un uomo violento verso gli altri, piuttosto che una donna violenta, favorendo l’idea che le donne siano “incapaci” di approfittarsi sessualmente di un’altra persona (Mendel, 1995).
Anche se le statistiche confermano una maggiore propensione maschile verso i crimini sessuali, non confermano l’incapacità delle donne a metterli in atto.
Sono molte, ma confuse, le caratteristiche rintracciate nelle donne che commettono abuso sessuale: dipendenza emotiva, bassa autostima, aver subito abuso (fisico o emotivo) nell’infanzia, dipendenza da sostanze e isolamento sociale, per citarne alcune (Strickland, 2008).
In uno studio del 1999 che comparava donne sessualmente abusanti con donne non sessualmente abusanti, Hislop trovò alcune differenze tra i due gruppi nella gravità degli abusi subiti durante l’infanzia, il numero di partner avuti e il reddito. I risultati del recente studio di Strickland, invece, mettono in evidenza maggiori e rilevanti differenze.
Per il suo studio, Susan Strickland ha utilizzato un campione di 130 carcerate, suddiviso in 60 donne sessualmente abusanti e 70 non sessualmente abusanti.
Differenze significative sono state rilevate nell’area dei traumi infantili e dei gravi abusi subiti, oltre che in quella dell’adeguatezza sociale e sessuale. Non sono state trovate differenze per quanto riguarda l’abuso di sostanze, i disordini di personalità, i bisogni emotivi e le distorsioni cognitive. In particolare, le carcerate abusanti provenivano da situazioni di minore benessere economico ed erano sottoposte a condizioni di povertà, di deprivazione di cibo e di cure. Avevano sofferto estremi abusi sessuali, fisici ed emotivi che avevano distrutto il normale sviluppo.
Lo studio di Strickland mette in evidenza un fenomeno noto, quello del circolo vizioso della violenza, focalizzandosi su un campione poco indagato, quello delle donne sessualmente abusanti. È lo stesso essere stata vittima a favorire la possibilità di diventare carnefice. L’importanza di interventi preventivi diventa così evidente: interventi che vanno attuati nelle scuole e nelle comunità con l’ottica di promuovere il benessere e di prevenire situazioni di estremo disagio. La riabilitazione del caso singolo è necessaria, ma non sufficiente.
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Pubblicato il 22/04/2009 alle ore 07:00
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