Lettera aperta agli psicologi italiani sulle proposte di modifica all’art.21

 

Il CNOP, Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi, ha indetto un referendum, al fine di modifica di alcuni articoli del Codice Deontologico.

Come riportato nel sito www.psy.it le proposte di modifica riguardano gli articoli 1, 5 e 21 del Codice deontologico. Le variazioni degli articoli 1 e 5 riguardano l'estensione delle regole deontologiche alle prestazioni online e il recepimento di quanto disposto dal DPR 137/2012 in materia di aggiornamento professionale.

La proposta di modifica riguarda inoltre l’art. 21, con attenzione al contrasto dell’abuso della professione.

Divulghiamo una Lettera aperta agli psicologi italiani - Alcune considerazioni a proposito del referendum per la modifica, in particolare, dell'articolo 21 del Codice Deontologico degli psicologi.

Questo documento ci è stato segnalato da Alberto Zucconi, Presidente dell’IACP ed è stata inviata da Alexander Lommatzsch e Caterina Terzi che scrivono:

 

“Care colleghe, cari colleghi,

a proposito del referendum per la modifica, in particolare dell'art.21 del Codice Deontologico degli psicologi, vi inviamo una lettera che esprime la nostra preoccupazione per la modalità e il contenuto dell'iniziativa.

Se concordate con quello che abbiamo scritto, vi invitiamo ad inoltrarlo ad altri colleghi, per avviare una vera e sincera discussione sul merito.

Alex + Caterina”.

 

LETTERA APERTA AGLI PSICOLOGI ITALIANI

 

L'11 SETTEMBRE DEGLI PSICOLOGI ITALIANI - Alcune considerazioni a proposito del referendum per la modifica, in particolare, dell'articolo 21 del Codice Deontologico degli psicologi.


Come sapete, il Consiglio Nazionale ha indetto un referendum, tra tutti gli iscritti all'Ordine degli psicologi, per la modifica di alcuni articoli del Codice Deontologico, come previsto dalla legge di Ordinamento. 


La proposta di modifica dell'art. 21 intende "rendere più efficace l’azione di contrasto da parte degli Ordini all'abuso della professione ed evidenziare la responsabilità degli Psicologi nel tutelare il diritto costituzionale alla salute dei cittadini che viene affidato dallo Stato ai professionisti e che prevale anche sul diritto a diffondere conoscenze e insegnamenti".


Se la proposta di modifica dell'art. 21 verrà approvata, si darà il via all'approvazione, da parte dell'Ordine, di vere e proprie "leggi razziali" e punitive nei confronti di molti dei suoi iscritti. 


Quello che è incredibile è che una delle principali caratteristiche della Professione dello psicologo, cioè la capacità di comprendere e di mediare tra le parti in caso di conflitti, verrà cancellata, a favore di una ideologia di ciò che giusto e sbagliato, di chi ha ragione o torto, con tribunali di inquisizione e dissidenti mandati al rogo. Questa sembra proprio una caccia alle streghe, ma in realtà è una meschina guerra tra poveri, tra chi ritiene di essere detentore di un potere di conoscenza che è di sua esclusiva pertinenza, e chi (counsellors, mediatori, educatori, assistenti sociali….) viene considerato un usurpatore dei cosiddetti strumenti e tecniche conoscitive proprie esclusivamente della professione dello psicologo. 


Tuttavia, le cosiddette “competenze psicologiche” andrebbero definite con chiarezza, prima di creare articoli che le tutelino in una forma così restrittiva e difensiva come l'art. 21 nella sua nuova formulazione. Le competenze per una buona relazione d’aiuto (relazionali, emotive, cognitive, comportamentali), per fortuna, non sono patrimonio esclusivo degli psicologi, ma anche di assistenti sociali, infermieri, educatori, avvocati, medici, insegnanti, preti, genitori, e di tutte quelle persone che, per motivi personali e professionali, si trovano quotidianamente ad entrare in relazione con gli altri e cercano di fare del loro meglio per essere di aiuto. 


Senza dire poi quanto sia necessario offrire a chi opera nelle comunità ad es. con tossicodipendenti, con le famiglie, chi come insegnante ha a che fare costantemente con situazioni di disagio…, quelle conoscenze che rendano possibile, di fronte a una richiesta di aiuto, di effettuare l’invio al professionista più indicato, che sia lo psicologo, il ginecologo, il trainer sportivo,  lo psichiatra o a qualsiasi altra figura professionale sul territorio. Tutti quegli operatori che operano quotidianamente, in quel territorio, ampio che è la relazione di aiuto, devono imparare ad usare nella maniera più efficace la propria naturale capacità empatica, di ascolto, di comprensione, di accoglienza, di sospensione del giudizio, tutte competenze che, pur appartenendo al mondo della psicologia, non sono di loro esclusiva pertinenza ma appartengono piuttosto al genere umano.


Inoltre è paradossale che che ai medici, che di psicologia e di relazione ne sanno infinitamente meno degli educatori formati all’università, come degli assistenti sociali, sia premesso di accedere ai corsi di specializzazione in psicoterapia riconosciuti dal MIUR, anche se hanno specializzazioni che nulla hanno a che fare con la psichiatria o la psicologia, come il dentista o l'ortopedico. Questo significa che tutti quegli psicologi che da anni insegnano anche ai medici, dunque persone estranee alla professione stessa, nelle scuole di psicoterapia, strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione dello psicoterapeuta, e dunque dello psicologo, compierebbero da anni una grave violazione deontologica. 


Queste e altre considerazioni ci fanno temere che questo referendum si traduca in un vero e proprio autogol per l'L'Ordine ma anche per l'immagine stessa della professione. Gli psicologi Italiani non sono mai stati esposti ad una riddicolizzazione pubblica come con questo referendum.


L'Ordine mostrerà a tutti come gli psicologi sono capaci di gestire i conflitti. Il presidente del'Ordine, come un reggente, e non più come  rappresentante dei suoi iscritti, sta utilizzando la sua posizione come strumento per portare avanti la sua battaglia personale, e si dà da fare per organizzare la rappresaglia contro chi non la pensa come lui. E fa questo utilizzando in maniera strumentale e manipolativa uno strumento democratico come il referendum, senza avere creato le condizioni per un dibattito realmente democratico e di confronto, nonostante questo gli fosse stato ripetutamente richiesto, e da più parti. 


In realtà,  questa “crociata” contro le professioni non regolamentate cerca maldestramente di mascherare o nascondere, dietro lo scopo apparente di “tutelare la salute dei cittadini”, quello reale dei tutelare gli psicologi dalla concorrenza di tutte quelle figure professionali viste come nemiche e usurpatrici delle proprie competenze.


Il referendum altro non è che una strumentalizzazione di un Ordine costituito da una minoranza e casta di dipendenti pubblici, arroccati dietro posizioni paranoiche protezionistiche, incollati alle loro poltrone e spaventati dalla progressiva riduzione del settore pubblico nell'assistenza psicologica in Italia. L'ordine degli Psicologi è in gran parte uno sdoppiamento dei sindacati del servizio pubblico che hanno un interesse primario a conservare il posto di lavoro a chi già lo ha ma poco si interessano allo sviluppo di nuove aree magari volgendo lo sguardo a quel che accade in altri paesi dove la relazione di aiuto si è sviluppata in differenti forme in sintonia con sensibilità/diritti sociali che negli ultimi tempi appaiono sempre più misconosciuti dai diversi governanti italiani. Da questo sembra derivare un sempre minor interesse del servizio pubblico allo sviluppo del benessere tutelato da interventi del servizio sanitario nazionale nonché un continuo ostacolo al privato sociale in questo settore.


Se l'art. 21 venisse modificato, questo avrebbe conseguente pesantissime sull'attività formativa di moltissimi  psicologi, che da liberi professionisti mettono la loro competenza al servizio degli altri. E' evidente che la dirigenza dell'Ordine agisce contro gli iscritti e a favore di una spaventata minoranza di dipendenti pubblici.


Un Ordine democratico avrebbe favorito una discussione con i suoi iscritti, promuovendo il dialogo e il confronto. 


La motivazione dell'atteggiamento dell'Ordine si trova nella sbagliata gestione del conflitto con professioni emergenti come quella dei counsellors, dei mediatori familiari, dei riabilitatoti psichiatrici e chi più ne ha più ne metta.


Dopo aver perso la battaglia con la entrata in vigore della legge 4/2013 sulle professioni non regolamentate, l'Ordine ha pensato bene di sparare ora contro se stesso. Al rogo chi esprime simpatia, al rogo tutti gli psicologi che insegnano a non psicologi. 


Immagino con divertimento tutte le autodenunce dei colleghi per aver insegnato nelle parrocchie il sostegno alla genitorialità, o avrà addirittura osato parlare di emozioni e di relazione, oppure le migliaia di lettere che arriveranno all'Ordine per chiedere l'approvazione di richieste di insegnamenti nelle scuole private e pubbliche. Questo certamente comporterà un aggravio del lavoro delle Commissioni Regionali dell'Ordine. O vogliamo chiamarle Commissioni di inquisizione? 


Psicologi perderanno il lavoro perché avranno paura di accettare impegni che possono creare guai con l'Ordine. Educatori, pedagogisti e counsellors troveranno lavoro per il vuoto creato dall'Ordine. Nella situazione economica e occupazionale in cui arranca il nostro paese l'idea dell'Ordine di ostacolare, se non impedire, ai suoi iscritti, di lavorare, è davvero rivoluzionaria.


Il prossimo passo sarà che l'Ordine si arrogherà il potere di decidere qual'è l'approccio psicologico giusto e quello sbagliato. Ci avviciniamo ad una psicologia di stato, una psicologia di regime.


Troviamo tutto questo sgradevole e triste; l'atteggiamento intimidatorio dell'Ordine sta creando un clima di caccia alle streghe, si alimenta l'astio e la diffidenza nei confronti degli altri, e di quelle professioni che dovrebbero invece, come succede da anni all'estero, collaborare con gli psicologi, con il serio rischio che la nostra professione, piuttosto che rafforzarsi, ne esca con le ossa rotte.

 

Invitiamo l'Ordine ad avviare un processo democratico di discussione e di confronto su opinioni diverse, degno di un paese civile e di una professione che per prima dovrebbe essere in grado di mettersi in discussione e di affrontare e gestire differenze.

 

Alexander Lommatzsch

Caterina Terzi

Pubblicato il 20/05/2013 alle ore 21:55

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