Il Pesce d'aprile è uno scherzo che, tradizionalmente, si fa il 1º aprile ai danni di qualcun altro.
Lo scherzo, di per sé, può essere considerato una forma di gioco. La principale differenza rispetto al gioco, però, è che almeno uno dei partecipanti non è al corrente del gioco stesso.
Secondo Bateson, il gioco è una sequenza interattiva in cui le azioni che si stanno compiendo non denotano ciò che denoterebbero le azioni per cui esse stanno (Bateson, 1972 ). Alla base del gioco c’è quindi, la comunicazione “questo è un gioco”, per cui le azioni non sono semplicemente se stesse, ma stanno per qualcos’altro. In questo senso, i gesti del gioco sono il primo passo verso la costruzione di un linguaggio. Nel linguaggio determinate emissioni di voce acquistano il potere di significare ed indicare un qualcosa. Nel gioco i gesti, che di per sé potrebbero essere -ad esempio- aggressivi, assumono il potere di indicare “stiamo giocando”, quindi non sono da intendersi come aggressivi.
Il metamessaggio “questo è un gioco” dice che le cose che faremo non vanno prese nel significato che normalmente hanno, ma in un altro. Perché questo avvenga, però, è necessario che la comunicazione “questo è un gioco” sia vera e, soprattutto, venga creduta. È necessario, quindi, che sia una comunicazione “fuori dal gioco”.
La distinzione tra gioco e non gioco si complica nel caso dello scherzo, perché almeno uno dei partecipanti non riceve la metacomunicazione “questo è un gioco”. Mancando questo livello della comunicazione, il destinatario dello scherzo leggerà i gesti a lui rivolti come “veri”. Se riceverà delle azioni aggressive, le interpreterà come tali e risponderà sulla base di questa interpretazione. Forse anche per questo è spesso difficile “stare allo scherzo”, perché, in un certo senso, si è stati ingannati.
Il pesce d’aprile può essere considerato un gioco in cui manca la comunicazione “questo è un gioco”. Contemporaneamente, però, tutti sanno che il primo aprile possono aspettarsi degli scherzi, come se la metacomunicazione “questo è un gioco” fosse istituzionalizzata ed estesa a ciò che accade nell’intero giorno. Nell’impossibilità di distinguere tra gioco e non gioco, si diventa sospettosi e si comincia a mettere in dubbio ogni comunicazione. La curiosa notizia data dal TG è vera o è il pesce d’aprile della redazione?
Lo scherzo è spesso utilizzato per mettere in imbarazzo l’interlocutore. A tutti sarà capitato di esserne vittima o di ricoprire il ruolo del persecutore. Esiste un confine oltre il quale sarebbe giusto comunicare “questo è un gioco”? Discutine sul forum ASPICommunity.
Bateson G. ( 1972). Questo è un gioco (tr. it. 1996), Milano: Cortina.
Ricardi F. (2005). L'ho detto per scherzo: l'analisi del gioco fra Bateson e Berne. Intervento alla giornata di studio a.i.a.t. "Percorsi dell'Analisi Transazionale" del 12 - 13 marzo 2005.
Pubblicato il 01/04/2009 alle ore 07:00
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