L'ottimismo fa bene alla salute

Di Silvia Serino

Abstract: Sviluppare la capacità di affrontare le inevitabili difficoltà della vita con un atteggiamento ottimista, realistico e non ingenuo è un’importante risorsa per l’individuo. A partiire dalla distinzione tra ottimismo attribuzionale e disposizionale, verranno evidenziati i principali effetti benefici dell’ottimismo sulla saluta fisica, sul benessere psicologico, sulla gestione dello stress e delle emozioni ad esso correlato. 

Keyword: Ottimismo, ottimismo attribuzionale, ottimismo disposizionale, resilienza, competenza emotiva.

 

Voltaire (1964-1778), ne “Il Candido o l’ottimismo” (1759), una delle sue opere più celebri, si chiedeva, con una buona dose di sarcasmo, “Se questo è il migliore dei mondi possibili, gli altri, cosa sono?”. Perché non è facile essere ottimisti, soprattutto senza diventare ingenui. Come sottolinea Anolli (2005), l’ottimismo in sé non è un concetto né positivo né negativo: mentre l’ottimismo “realistico” svolge un’importante funzione adattiva e ha effetti rilevanti per il benessere del soggetto, l’ottimismo “irrealistico” o “ingenuo” o “comparativo” (Weinstein e Klein, 1996) porta a convinzioni eccessivamente semplicistiche, della serie “tutto andrà bene”, obbliga all’autoinganno, favorisce forme di pensiero infantile e magico e ha effetti negativi sulla salute psicologica e fisica.

L’ottimismo attribuzionale e l’ottimismo disposizionale

Nella letteratura, possiamo trovare due concezioni fondamentali di ottimismo: l’ottimismo attribuzionale (Seligman, 1991; 1996) e l’ottimismo disposizionale (Anolli, 2005; Carver e Scheier, 2002).

Seligman (1991, 1996) definisce l’ottimismo come uno stile esplicativo (Peterson, 1991), cioè uno stile cognitivo di spiegazione degli eventi, appreso nel corso delle esperienze, caratterizzato da tre dimensioni fondamentali:

  • permanenza, ovvero gli eventi negativi sono percepiti dal soggetto come transitori;
  • globalità, ovvero gli eventi negativi non sono generalizzati, ma vengono circoscritti a situazioni specifiche;
  • personalizzazione, ovvero i soggetti ottimisti non si auto-accusano di tutti i fallimenti, ma riescono ad attribuirne le cause anche a fattori esterni (locus of control esterno, Rotter, 1966). 

Si contrappone a questa concezione attribuzionale dell’ottimismo, una prospettiva disposizionale: Carver e Scheier (2002) definiscono l’ottimismo come un tratto relativamente stabile della personalità di un individuo, una disposizione mentale ad attendersi eventi positivi in modo realistico. L’ottimismo disposizionale induce, quindi, a sviluppare resilienza (Cummings, Davies e Campbell, 2000), intesa come la capacità di resistere agli urti della vita, di adattarsi, cioè, in modo funzionale e flessibile anche a contesti negativi e stressanti.

Come mai essere ottimisti ha un effetto positivo sul benessere fisico e psicologico, tanto da poter essere considerato un potente fattore protettivo in situazioni di stress?

L’ottimismo, un alleato per la salute

Numerose ricerche hanno dimostrato come gli ottimisti abbiano aspettative di vita più lunghe dei pessimisti: secondo alcuni autori, ciò dipende dal fatto che l’ottimismo influisce direttamente sul sistema immunitario, con un significativo aumento dei leucociti (Kamen- Siegel, Rodin, Seligman, Dwyer, 1991). All’interno di questa prospettiva, da alcune recenti ricerche emerge come avere un atteggiamento mentale ottimista nei confronti delle esperienze di vita porta ad una diminuzione della pressione sanguigna e del colesterolo (Danner, Snowdon e Frieser, 2001; Friedman et al., 1992; Maruta et al., 2000). Secondo altri autori, invece, essere ottimisti ha effetti benefici sulla salute fisica perché permette di conservare un umore positivo (Weisse, 1992) e conduce all’adozione di abitudini di vita salutari (Peterson et al., 1998).   Allo stesso modo, l’ottimismo influenza in modo profondo il benessere della mente umana (Anolli, 2005), generando, infatti, un rilevante aumento del livello di benessere soggettivo, sia in termini di soddisfazione di vita sia di condotte emotive positive (Diener e Diener, 1995).

Esso risulta, in primo luogo, correlato con le flow experience, intese come uno stato in cui il soggetto è completamente assorbito da ciò che fa e percepisce un equilibrio tra opportunità ambientali e capacità personali (Csikszentmihalyi, 1990). In particolare, una flow experience è caratterizzata da un’elevata concentrazione sull’attività, con obiettivi chiari e definiti, da un profondo coinvolgimento, da una percezione di controllo della situazione, da motivazione intrinseca e da uno stato affettivo positivo. In secondo luogo, l’ottimismo favorisce l’apertura mentale delle persone e promuove la capacità di cogliere diverse prospettive nella comprensione degli eventi della vita (Anolli e Realdon, 2001). In generale, infatti, l’ottimismo è un efficace promotore delle emozioni positive, come la gioia, la contentezza, la serenità e la soddisfazione: secondo Frederickson (Broaden-and-Built Theory, 2001), le emozioni positive non determinano solo una condizione di benessere soggettivo momentaneo, ma aiutano a costruire il repertorio delle risorse del soggetto nel lungo periodo e tamponano anche gli effetti delle emozioni negative.

Essere ottimisti aiuta anche nella gestione delle relazioni familiari, come ha dimostrato Todd (1983) affermando che genitori e figli ottimisti hanno più probabilità di vivere una vita serena ed emotivamente ricca, nelle prestazioni scolastiche (Nonis e Wrigth, 2003) e nella collaborazione tra i gruppi in termini di scambi comunicativi soddisfacenti (Anolli, 2005). Si è osservato, inoltre, che gli ottimisti sono anche in grado di attivare strategie di regolazione proattiva (Greenglass, 2001), impegnandosi in anticipo per evitare che situazioni stressanti abbiano luogo (Anspinwal e Taylor, 1997).

Ottimismo e competenza emotiva: quale relazione?

Il costrutto dell’ottimismo è correlato a quello di competenza emotiva, intesa come “la capacità di riconoscere, comprendere e rispondere in modo coerente e pertinente alle emozioni degli altri, nonché di regolare l’espressioni delle proprie emozioni in modo appropriato in funzione del contesto di riferimento” (Anolli e Realdon, 2007, 30). In particolare, esiste una relazione fra ottimismo e regolazione delle emozioni nella gestione degli eventi stressanti: esso orienta le risorse disponibili del soggetto verso una strategia di regolazione attiva, che comprende tentativi di risolvere i problemi, ristrutturazione a livello cognitivo degli eventi, manifestazione delle emozioni e ricerca di un supporto sociale, piuttosto che verso una regolazione evitante, dove prevale autocritica, isolamento sociale e disimpegno (Scheier, Weintraub e Carver, 1986).

Seligman, nel suo intervento alla Technology, Entertainment & Design Conference, nel febbraio del 2004, ha affermato, a proposito della necessità di mantenere un atteggiamento ottimista, aperto nei confronti della vita e delle altre persone:

“Sei anni fa, me lo sono chiesto riguardo alle persone molto felici. In che cosa sono diverse da tutti voi? E abbiamo trovato una cosa. Non sono più religiose, non sono più in salute, non sono più ricche, non sono più belle, non hanno più eventi piacevoli e meno disgrazie. C’è una sola differenza: sono molto socievoli”. 

Sviluppare la capacità di affrontare le piccole e grandi difficoltà che la vita inevitabilmente pone davanti con un ottimismo realistico e non superficiale ha, quindi, potenti effetti sulla salute fisica e mentale.

Bibliografia

Anolli, L. (2005) L’ottimismo. Bologna: Il Mulino.

Anolli, F., Realdon, O. (2007). Ottimismo e competenza emotiva in A. Della Fave (a cura di) La condivisione del benessere. Il contributo della psicologia positiva. Milano: Franco Angeli

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Carver C.S., Scheier M. (2002). Optimism in C.R. Snyder e S.J. Lopez (a cura di) Handbook of positive psychology. New York: Oxford Universtity Press, pp.231-243.

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Cummings, E. M., Davies, P. T., Campbell, S. B. (2000). Developmental psychopathology and family process: Theory, research, and clinical implications. New York: Guilford Press.

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Diener, E., Diener, M. (1995). Cross-cultural correlates of life satisfaction and self-esteem. Journal of Personality and Social Psychology, 68, pp.653-663.

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Peterson, C., Seligman, M.E.P., Yurko, K.H., Martin, L.R., Friedman, H.S. (1998). Catastrophizing and untimely death. Psychological Science. 9, pp. 127-130.

Rotter, J. (1966). Generalized expectancies for internal versus external control of reinforcements. Psychological Monographs, 80, Whole No. 609.

Scheier M.F, Carver C.S, Wentraub J.K (1986).Coping with stress: divergent strategies of optimist and pessimists. Journal of Personality and Social Psychology. 51, pp. 1257-1264.

Seligman, M. E. P. (1991). Learned Optimism: How to Change Your Mind and Your Life. New York: Knop.

Seligman, M.E. P. (1996). The Optimistic Child: Proven Program to Safeguard Children from Depression & Build Lifelong Resilience. New York: Houghton Mifflin.

Todd, E. (1985) Il terzo pianeta. Strutture familiari e sistemi ideologici. Roma: Armando.

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Weisse, C.S. (1992). Depression and immunocompetence: A review of literature. Psychological Bulletin. 11, pp. 475-489.

Note sull’autore

Silvia Serino ha conseguito la laurea magistrale in Psicologia dello Sviluppo e della Comunicazione presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Attualmente sta svolgendo, presso il medesimo ateneo, il tirocinio post-lauream, sotto la supervisione del tutor Giuseppe Riva, partecipando ad un progetto di ricerca sullo stress e sulla regolazione delle emozioni.

Pubblicato il 10/10/2010 alle ore 18:15

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