Levitt H., Butler M., Hill T. (2006) What clients find helpful in psychotherapy: developing principles for facilitating moment-to-moment change, Journal of Counseling Psychology, 53, 3, 314-324.
Determinare cosa sia significativo per il cambiamento durante l'esperienza di psicoterapia è difficile quanto interessante. La ricerca in questo campo utilizza, generalmente, delle autovalutazioni in grado di misurare le modificazioni nei sintomi tra un "prima" e un "dopo" la terapia (Beck, 1972; Derogatis, 1977; Horowitz, Rosenberg, Baer, Ureno & Villasenor, 1988), ma sono molte le critiche a questo tipo di approccio (Bohart, Leitner, & O'Hara, 1998; Elliott, 1998; Levitt, Stanley, Frankel, & Raina, 2005; Mander, 2000; Wallerstein, 2001), che non permette di valutare adeguatamente l'intero processo.
Per compensare questa situazione, è stato sviluppato, principalmente da Robert Elliot, il paradigma dei momenti significativi, finalizzato a comprendere gli eventi specifici del processo terapeutico attraverso ricerche centrate sia sull'esperienza del cliente che su quella del professionista (Elliott & Shapiro, 1992; Martin & Stelmaczonek, 1988). Queste ricerche qualitative hanno identificato diversi fattori significativi (ad esempio: la motivazione del cliente, lo stile relazionale, le caratteristiche del terapeuta, ecc...), ma secondo Levitt, Butler ed Hill questi fattori non sono stati ancora sufficientemente contestualizzati all'interno della relazione psicoterapeuta-cliente e spesso non si specifica quando sia da privilegiare un elemento e un aspetto piuttosto che un altro. Gli autori hanno quindi proposto un rigoroso metodo d'analisi qualitativa che non si limita all'indagine dei risultati, ma ricerca specifici eventi lungo il processo di psicoterapia in grado di comprendere e favorire il cambiamento "momento per momento". Lo scopo del loro lavoro era di identificare le componenti e i principi in grado di guidare il processo psicoterapeutico momento per momento, grazie all'analisi delle interviste dei clienti stessi.
Gli autori hanno intervistato 26 clienti di psicoterapeuti di diversi orientamenti (6 uomini e 20 donne; età media = 29,23, DS= 13,90) che presentavano problemi relativi a diverse aree. Ogni partecipante aveva effettuato una psicoterapia di minimo 8 sessioni e massimo un anno e mezzo di frequenza, ad eccezione di un soggetto con 10 anni di psicoterapia. Tutti avevano terminato la loro esperienza tra i 2 e i 12 mesi precedenti all'intervista.
L'intervista, di circa un'ora e mezza per soggetto, è stata costruita per essere semi-strutturata ed esplorativa. Le aree indagate riguardavano cosa si ritenesse importante nella relazione e nell'esperienza terapeutica, sia in generale che riferito a specifici momenti della terapia.
Il complesso metodo d'analisi qualitativa delle interviste è durato per più di un anno e mezzo ed ha prodotto 6 cluster, cioè 6 raggruppamenti tematici di diverse categorie di significato emerse dalle interviste. Ogni cluster ha condotto alla formulazione di principi utili a facilitare il cambiamento nel processo terapeutico, secondo quella che è l'esperienza dei clienti.
Cluster 1: Impegno nella terapia
I dati del cluster sono stati collezionati su 23 dei 26 partecipanti che hanno descritto il loro atteggiamento generale verso la terapia. La maggior parte l'ha descritta come un'esperienza positiva, anche se alcuni l'hanno percepita come un importante impegno ed un'occasione per riceve aiuto, mentre altri provavano vergogna nell'aver bisogno di un sostegno psicologico. Dei restanti intervistati, 9 hanno dimostrato una percezione negativa della terapia: 1 ha dichiarato che "non ne valeva la pena", 3 l'hanno trovata inefficace, 4 troppo difficile. Di questi, 3 hanno detto che la non efficacia era dovuta al proprio scarso interesse o alla propria incapacità di affrontare questo tipo di lavoro. I clienti che avevano inizialmente delle preoccupazioni verso la terapia (7), hanno cominciato a sviluppare impegno verso questa esperienza con lo stabilirsi di un'alleanza di lavoro favorita da un intervento diretto del terapeuta, teso a favorire l'emergere di dubbi e paure.
Levitt, Butler ed Hill ne concludono che i clienti possono cominciare il lavoro terapeutico con aspettative o paure che frenano la loro partecipazione. Se non si sviluppa un impegno verso la terapia, potrebbe essere utile guidare il cliente a discuterne francamente, affrontando dubbi e paure sul lavoro e sulla relazione.
Cluster 2: L'ambiente terapeutico come un riflesso dell'interesse del terapeuta.
Questo cluster contiene la descrizione che i clienti hanno fatto dell'impatto dell'ambiente terapeutico sulla loro esperienza. Levitt, Butler ed Hill hanno evidenziato che spesso l'ambiente è stato descritto come una "proiezione" del terapista. Nove partecipanti hanno dichiarato che l'ambiente di lavoro è stato molto significativo per loro, perché in grado di favorire sensazioni di sicurezza, comfort e relax.
Cluster 3: L'elaborazione tra una seduta e l'altra: strutturare una transizione tra due mondi
Questo cluster contiene il tentativo dei clienti di impegnarsi in un'auto-rifessione al di fuori del contesto terapeutico, mentre cercavano di conciliare questa attività con quelle quotidiane. Quattro clienti hanno esplicitamente descritto la sensazione di muoversi tra due mondi separati: la terapia e il mondo reale. In particolare, l'inizio e la fine di ogni seduta era percepita come particolarmente difficile, tanto che alcuni dedicavano del tempo a "prepararsi" al passaggio tra un mondo e l'altro. Nove partecipanti hanno inoltre dichiarato di impegnarsi attivamente tra una seduta e l'altra, ripensando ai dialoghi con il proprio terapeuta, leggendo libri di auto-aiuto, e continuando a porsi delle domande.
Levitt, Butler ed Hill ne ricavano che stabilire delle attività di transizione tra la seduta e le attività quotidiane e l'interessarsi ad integrare nel processo terapeutico gli insight fuori seduta, possa essere d'aiuto al percorso di sviluppo del cliente.
Cluster 4: La relazione terapeutica: far acquisire fiducia rispetto al fatto che l'auto-esplorazione sarà sostenuta, anche davanti alla minaccia
Questo cluster raccogliere i pensieri dei clienti a proposito della relazione terapeutica in termini di significato, qualità e struttura.
Ventuno intervistati hanno descritto la relazione con il proprio terapeuta come l'elemento centrale della terapia. Per quanto riguarda la categoria "significato", quindici hanno descritto il loro psicoterapeuta come un "altro significativo", al pari di amici e parenti. Anche se alcuni l'hanno descritto come un "amico a pagamento", altri hanno evidenziato in termini positivi le differenze con gli altri significativi della propria vita: maggiore comprensione, imparzialità e affidabilità. Quindici clienti hanno descritto i cambiamenti nella propria dipendenza dagli altri in termini di crescita favorita dalla terapia. Levitt, Butler ed Hill ne ricavanoche un incremento della dipendenza verso il terapeuta, all'inizio della terapia, permette al cliente di attuare un processo di individuazione dai propri altri significativi, per poi diminuire quando si acquisisce maggior fiducia in se stessi.
Per quanto riguarda la qualità della relazione, la fiducia è stata descritta da 12 partecipanti come il tratto centrale della relazione terapeutica, così come la credibilità professionale. Levitt, Butler ed Hill sottolineano come il cliente tenda a sviluppare fiducia dopo aver verificato la capacità del terapeuta di interessarsi in modo sincero, di rispettare il cliente ed il suo processo di sviluppo e di dimostrare fiducia ed esperienza professionale nel processo terapeutico.
Un'ulteriore categoria di questo cluster fa riferimento alla strutturazione della relazione, in termini di linee guida, confini da rispettare, termini di pagamento, durata e regolarità delle sedute. Diciassette intervistati riportavano una sensazione di disagio alla rottura del ruolo e di alcuni confini professionali da parte del terapeuta, ma contemporaneamente 21 di loro hanno vissuto altre rotture come una dimostrazione di genuino interesse (ad esempio il prolungare la seduta oltre l'orario previsto). Levitt, Butler ed Hill ne ricavano che le trasgressioni possono favorire l'alleanza di lavoro quando lasciano trasparire interesse, ma la minano quando generano disagio.
Diciannove intervistati hanno parlato anche della connessione emotiva coi loro terapeuti, da cui emerge che un'eccessiva "cura" e un eccessivo interesse verso il cliente, crea dipendenza e può permettere al cliente stesso di manipolare la relazione. Inoltre, dalla categoria di significato successiva, riguardante la regolazione della relazione terapeutica, Levitt, Butler ed Hill ricavano che per sfuggire agli inganni dei clienti, formulati per non deludere o non dispiacere il terapeuta, è utile comunicare esplicitamente che l'esperienze dolorose vanno discusse, che il terapeuta non ha bisogno di essere protetto e che non presenterà disapprovazione verso i comportamenti del cliente.
Infine, alcuni clienti hanno riferito una sensazione di disagio nel vedere i propri terapeuti stabilire degli obiettivi terapeutici senza averli concordati col cliente o nel sentirsi spinti a raggiungere obiettivi che non erano nei loro interessi. Per questo Levitt, Butler ed Hill ritengono che stabilire degli obiettivi sia importante per il processo terapeutico, ma che questi vadano concordati con il cliente e in seguito ne vada verificato insieme il risultato.
Cluster 5: caratteristiche del terapeuta: interessarsi nella giusta misura eppure essere fermi quando necessario
In questo cluster tutti i 26 intervistati hanno descritto le qualità che attribuiscono al terapeuta, più che alla relazione stessa, e come ritengono sia un buon terapeuta, quali sono le caratteristiche problematiche e quelle d'aiuto.
Alcuni clienti hanno descritto i propri terapeuti come troppo distanti, altri come troppo interessati. Un senso di interesse "professionale" è necessario, ma travalicare il limite, in positivo o in negativo, mina la relazione terapeutica. Diversamente, alcuni hanno riferito di apprezzare l'insistenza del proprio terapeuta su alcuni punti, mentre altri lo trovavano inutile e noioso. In molti casi l'insistenza può essere dannosa, ma con clienti manipolativi o sfuggenti, può produrre effetti positivi. Pochi hanno parlato della razza e del genere dei propri psicoterapeuti. Questo elemento diventa importante solo nel caso di forti pregiudizi o di percezione di pericolosità. Infine, una moderata auto-rivelazione da parte del terapeuta è percepita come positiva perché umanizzante, però un disvelamento eccessivo delle proprie emozioni è percepito come un'auto-centratura e come scarso interesse per il cliente. Levitt, Butler ed Hill suggeriscono che l'espressione emotiva dello psicoterapeuta è umanizzante finché è centrata sul cliente, invece che sui pregiudizi, gli interessi e i bisogni del terapeuta stesso.
Cluster 6: Intervento terapeutico: strutturare un punto in cui incoraggiare la riflessione e la conoscenza di se stessi
In questo cluster sono incluse le descrizioni che i clienti hanno fatto degli interventi e delle tecniche dei propri terapeuti, da cui Levitt, Butler ed Hill hanno elaborato diversi principi: ai clienti piace partecipare a compiti strutturati quando questi gli danno la sicurezza che stanno facendo dei progressi e che il terapista si sta occupando dei loro problemi. I "compiti a casa" potrebbero essere più utili se il terapeuta si accertasse, chiedendolo, che il cliente si senta emotivamente pronto ad affrontarli. Prendere appunti sarebbe percepito come meno fastidioso se si spiegasse la sua utilità.
Inoltre, i clienti apprezzano che i loro psicoterapeuti li incoraggino alla riflessione, gli offrano nuove prospettive o discutano su come partecipare alla terapia, ma purché non si sentano pressati o costretti, tranne nel caso di clienti manipolativi o sfuggenti.
Infine, l'esperienza emotiva spaventa alcuni clienti, ma li aiuta a riconoscere, chiarire, accettare, tollerare e cambiare le loro emozioni, mentre l'espressione dell'esperienza e delle emozioni permette l'abbassamento delle difese, porta ad un senso di conforto e sollievo e ad una alleanza terapeutica più forte.
Infine, secondo Levitt, Butler ed Hill, il nucleo centrale che emerge dalla loro analisi è che i clienti hanno bisogno di una strutturazione sufficiente a facilitare la riflessione, mentre hanno bisogno di sentire sufficiente fiducia per rischiare di rivelarsi e di essere conosciuti, ma questi processi sono negoziati durante il corso della relazione terapeutica. I clienti intervistati hanno enfatizzato l'importanza della relazione col terapeuta al di sopra di ogni altro fattore, in particolare l'esperienza di "cura" intesa come l'interesse e l'accoglimento dimostrati dal professionista. Interventi e tecniche specifiche sono state considerate d'aiuto, ma non gli sono state attribuite particolari capacitè di generare cambiamento o insight, che sono state invece attribuite all'esperienza relazionale. I principali meccanismi di cambiamento descritti erano l'introspezione e l'attenzione alla relazione, al pensiero, all'emozione e alle modalitò d'espressione. In questo senso, la terapia può essere considerata come "un metodo per strutturare l'attenzione dei clienti così che possano sostenere l'ansia generata dalla intensa riflessione su un argomento minaccioso o auto-colpevolizzante". E' da notare che i clienti raramente hanno parlato dei cambiamenti nei sintomi come di importanti risultati della loro terapia, preferendo invece indicare dei cambiamenti "globali", come maggiori capacità relazionali o migliore comprensione di se stessi e degli altri. Questo risultato sostiene l'idea che, "per molti clienti, la riduzione del sintomo può essere un effetto positivo della terapia, ma non è l'effetto primario".
In conclusione, la ricerca di Levitt, Butler ed Hill fornisce informazioni che possono essere utilizzate per aiutare i clienti a fare un miglior uso della propria terapia. I tre autori suggeriscono di adattare i principi formulati alla pratica clinica, ricordando sempre che possono essere utilizzati in differenti modi e in diverse situazioni e che possono adeguarsi a diversi orientamenti teorici.
Beck, A. (1972). Measuring depression: The depression inventory. In T. A. Williams, M. M. Katz & J. A. Shield (Eds.), Recent advances in the psychobiology of the depressive illness (pp. 299-302). Washington, DC: U.S. Government Printing Office.
Bohart, A. C., Leitner, L. M., & O'Hara, M. (1998). Empirically violated treatments: Disenfranchisement of humanistic and other psychotherapies. Psychotherapy Research, 8, 141- 57.
Derogatis, L. (1977). SCL-90-R Manual. Baltimore: Clinical Psychometrics Research Unit, John Hopkins University School of Medicine.
Elliott, R. (1998). Editor's introduction: A guide to the empirically supported treatments controversy. Psychotherapy Research, 8, 115-125.
Elliott, R., & Shapiro, D. A. (1992). Clients and therapists as analysts of significant events. In S. G. Toukmanian & D. L. Rennie (Eds.), Psychotherapy process research: Theory-guided and phenomenological research strategies(pp. 163-186). Beverly Hills, CA: Sage.
Horowitz, L. M., Rosenberg, S. E., Baer, B. A., Ureno, G., & Villasenor, V. S. (1988). Inventory of interpersonal problems: Psychometric properties and clinical applications. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 56, 885-892.
Levitt, H. M., Stanley, C. M., Frankel, Z., & Raina, K. (2005). An evaluation of outcome measures used in humanistic psychotherapy research: Using thermometers to weigh oranges. The Humanistic Psychologist,33, 113-130.
Mander, G. (2000). Beginnings, endings and outcome: A comparison of methods and goals. Psychodynamic Counselling, 6, 301-317.
Martin, J., & Stelmaczonek, K. (1988). Participants' identification and recall of important events in counseling. Journal of Counseling Psychology,35, 385-390.
Wallerstein, R. S. (2001). Psychotherapy research and psychoanalytic practice: Commentary on papers by Lester Luborsky and by Hans Strupp. Psychoanalytic Dialogues, 11, 621-634.
Pubblicato il 08/05/2008 alle ore 10:30
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